Qui si parla infatti dei geni della longevità, lo studio evidenzia che questi lavorano sul metabolismo – si attivano quando manca il cibo da un pò o quando il nutrimento è poco, ordinano che si usi solo l’energia immagazzinata o che è disponibile per andare a riparare naturalmente i vari danni a carico degli apparati, organi e tessuti.

Niente iperproduzioni di energia, niente stoccaggio non ha senso sprecare carburante mentre il serbatoio è vuoto. I gerontogeni senza cibo stanno tranquilli, il metabolismo rallenta, l’insulina si quieta, i mitocondri si placano anche a favore dei radicali liberi che non si creano.

Quello che si è sperimentato è una dieta povera di calorie, mangiare meno senza arrivare alla malnutrizione ovviamente, attivando automaticamente in modo naturale i geni della longevità inibendo quelli dell’invecchiamento.

La restrinzione calorica (CR Caloric Restrinction) allunga l’esistenza di tutte le specie sulle quali è stata testata, mammiferi inclusi. Ma la cosa ancora più sorprendente è che con la restrinzione calorica non solo aumenta la durata dell’esistenza con benefici funzionali ed estetiche, ma si riducono le malattie senili, il cancro, le patologie cardiovascolari e quelle neurovegetative come l’Alzheimer e il Parkinson.

A luglio del 2014 la rivista Science ha pubblicato un lavoro storico durato 30 anni dimostrando come la restrizione calorica allunghi l’aspettativa di vita delle scimmie e conseguentemente anche su noi esseri umani, del 30% e dimezzi l’incidenza di tumori e patologie cardiovascolari perchè i geni che provocano l’invecchiamento sono gli stessi che causano i tumori legati alla senescenza.

Sono in corso studi per sperimentare forme di restrinzione calorica compatibili con la qualità della nostra esistenza. L’ultimo risultato viene dall’Ist. Di Longevità della University of Southern California e anche a seguito per progetto “Oncologia & Longevità” all’IFOM di Milano (Ist. FIRC di oncologia molecolare).

19 volontari hanno semi-digiunato per 5 gg consecutivi una volta la mese per 3 mesi. Negli altri gg erano liberi di tornare alle loro abitudini alimentari. La dieta era composta per il 42-43% da carboidrati, per l’11-14% da proteine, per il 46% da grassi, con una riduzione calorica complessiva tra il 34% e il 54%.

I partecipanti sono stati poi sottoposti ad esami e controlli dopo aver ripreso la loro alimentazione consueta: erano diminuiti di peso, avevano minore grasso viscerale e un livello inferiore nel sangue dei marcatori di malattie cardiovascolari e di infiammazione – nessuna conseguenza negativa su muscoli e ossa.

Questo non significa che il semi digiuno sia il lasciapassare per mangiare qualsiasi cosa ma anzi è un mezzo per ascoltarci più profondamente, sentirci più energici e nutrirci con maggior attenzione con alimenti naturali e manipolati il meno possibile.

FB